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La guerra contro l'Austria Relazione di Antonio Salandra alla Camera sui poteri straordinari per la guerra

                                  20 maggio 1915

…   Sin da quando risorse ad unità di Stato, l’Italia si affermò,  nel mondo delle  nazioni, quale fattore di moderazione, di concordia e di pace; e fieramente essa può proclamare di aver adempiuto a tale missione con una fermezza che non si è piegata neppure davanti ai più penosi sacrifici. Nell’ultimo periodo, più che trentenne, essa ha mantenuto un sistema di alleanze e di amicizie, dominata precipuamente dall’intento di meglio assicurare per tal modo l’equilibrio europeo e, con esso, la pace. Per la nobiltà di quel fine, l’Italia non soltanto ha tollerato l’insicurezza delle sue frontiere, non soltanto ha subordinato ad esso le sue più sacre aspirazioni nazionali, ma ha dovuto assistere con represso dolore, ai tentativi  metodicamente  condotti di sopprimere  quei caratteri di italianità che la natura e la storia avevano impresso, indelebili, su generose regioni.  L’ultimatum, che nel luglio del 1914 l’Impero austro-ungarico dirigeva alla Serbia, annullava d’un colpo gli effetti del lungo sforzo durato, violando il patto che a quello Stato ci legava. Lo violava per il modo, avendo omesso, non che il preventivo accordo con noi, persino un semplice avvertimento; lo violava per la sostanza, mirando a turbare, in danno nostro, il delicato sistema  di possessi territoriali e di sfere d’influenza, che si era costituito nella penisola Balcanica. Ma, più ancora che questo o quel punto particolare, era tutto lo spirito animatore del trattato che veniva offeso, anzi soppresso, giacché scatenando pel mondo la più terribile guerra in diretto contrasto con i nostri interessi e con i nostri sentimenti, si distruggeva l’equilibrio, che l’alleanza doveva servire ad assicurare; e virtualmente, ma irresistibilmente, risorgeva il problema della integrazione nazionale d’Italia. Pur nondimeno, per lunghi mesi, il Governo si è pazientemente adoperato nel cercare un componimento, il quale restituisse all’accordo la ragion d’essere che aveva perduta: quelle trattative però dovevano aver limiti non solo di tempo, ma di dignità, al di là dei quali si sarebbero compromessi, insieme, gli interessi e il decoro del nostro Paese. Per la tutela, dunque, di tali supreme ragioni il Governo del Re si vide costretto a notificare al Governo Imperiale e Reale di Austria-Ungheria, il giorno 4 di questo mese, il ritiro di ogni sua proposta di accordo, la denunzia del trattato di alleanza e la dichiarazione della propria libertà di azione. Né, d’altra parte, era più possibile lasciare l’Italia in un isolamento senza sicurtà e senza prestigio, proprio nel momento in cui la storia del mondo sta attraversando una fase decisiva. In questo stato di cose, considerata la gravità della situazione internazionale, il Governo deve essere anche politicamente preparato ad affrontare ogni maggiore cimento, e col presente disegno di legge vi chiede i poteri straordinari, che gli occorrono. Tale provvedimento non solo è, in sé, del tutto giustificato da precedenti nostri e di altri Stati, quale che sia la forma di Governo onde son retti; ma rappresenta una migliore coordinazione, se non pure una attenuazione, di quelle facoltà che lo stesso nostro diritto vigente conferisce d’altronde al Governo, allorché preme quella suprema legge che è la salute dello Stato. Senza iattanza di parole né orgoglio di spiriti, ma gravemente compresi della responsabilità che incombe in quest’ora, noi abbiamo coscienza di aver provveduto a quanto richiedevano le più nobili aspirazioni e gli interessi più vitali della Patria. Or, nel nome di essa e per la devozione ad essa, noi fervidamente rivolgiamo il più commosso appello al Parlamento e, anche al di là del Parlamento, al Paese: che tutti i dissensi si compongano e che su di essi, da tutte le parti, sinceramente discenda l’oblio. I contrasti di partiti e di classi, le opinioni individuali, in tempi ordinari rispettabili sempre, le ragioni stesse, insomma, che dan vita al quotidiano fecondo contrasto di tendenze e di principi, debbono oggi sparire di fronte ad una necessità che supera ogni altra necessità, ad una idealità che infiamma più di ogni altra idealità: la fortuna e la grandezza d’Italia. Ogni altra cosa dobbiamo oggi dimenticare e ricordar questa sola: di essere tutti Italiani, di amar tutti l’Italia con la medesima fede e con il medesimo fervore. Le forze di tutti s’integrino in una forza sola; i cuori di tutti si rinsaldino in un solo cuore; una sola unanime volontà guidi verso la mèta invocata; e forza e cuore e volontà trovino la loro espressione unica, viva ed eroica, nell’esercito e nell’armata d’Italia e nel Capo Augusto, che li conduce verso i destini della nuova storia. Viva il Re! Viva l’Italia!